n.57 - Estate 2021

n.57 - Estate 2021 SPECIALI
12 Henry Cordier (1856-1877) Dai Pirenei al Bernina
24 Oreste Forno Caccia fotografica all'aquila reale
32 Elia Origoni: In solitaria 2021 Dalla Sardegna alla Toscana

ALPINISMO
38 Val Masino Pizzo Torrone Orientale (m 3333)
50 Approfondimenti Bivacco Manzi-Pirotta (m 2565)
52 Valmalenco La grande traversata del pizzo Ventina
64 Approfondimenti L'estrazione dell'amianto in Valmalenco
66 Valchiavenna La costiera della punta Magnaghi

ESCURSIONISMO
78 Livigno/val Poschiavo Un anello intorno al piz Ursera (m 3031)
84 Approfondimenti Il disfacimento dei ghiacciai delle valli di Livigno
86 Orobie Il laghetto della Bašla
92 Approfondimenti Il rifugio "Il pirata"
94 Grigioni/Valchiavenna Via spluga: da Splügen a Isola
98 Approfondimenti A piedi in Valtellina e in Valchiavenna di fine '800

RUBRICHE
108 Viaggi Oberland bernese
119 Fumetti Poggi Texas Rangers
124 Natura Rombo il bombo
129 Natura Silene acaule
132 Funghi Amanita
136 Oggetti di una volta
138 Foto dei lettori
145 Giochi
146 Le ricette della nonna
Ravioli di borragine


EDITORIALE
di Beno
 
Sono lontano dai luoghi in cui sono cresciuto. Sto passeggiando per rimetter su qualche muscolo dopo l’incidente, quando mi trovo sotto un ciliegio in fiore. Il vento scuote l’albero e fa volare via i petali, e con loro i miei pensieri corrono indietro di qualche anno. Sotto le piante di kiwi, poi su, accanto al traliccio dell’Enel, quindi nella vigna che ora lavora l’Alfio, ma che quand’ero bambino curava suo padre. Lì i pali sono ancora di legno e alcuni sono molto bassi a furia di esser tagliati per spuntargli il marcio. In cima alla vigna ci sono un ciliegio e una scala di cemento che, nel raggiungere la strada asfaltata, si porta verso le fronde dell’albero. Non si tratta di una pianta particolarmente bella, ma in primavera sfoggia una fioritura eccezionale, che si esaurisce solo quando il vento la pettina e la spoglia dei petali, che cadono come fiocchi di neve. Sono quasi in cima alla scala, quando la pioggia di petali si dirada e appare la sagoma di un uomo. Sorride, scompostamente appoggiato a una scopa consunta. «A porcu!» è il suo gemito di gioia. Protagonista di questa scena onirica è il Saturno. Anni fa un culpét gli ha semi paralizzato metà del corpo. Così per camminare si aiuta con un supporto. All’uopo usa vecchie scope o bastoni talvolta addobbati con fili colorati che, unitamente alla sua perenne abbronzatura, agli occhi luminosi e al sorriso asimmetrico, gli conferiscono un’aria da sciamano. Il suo idioma consta quasi esclusivamente di imprecazioni e bestemmie, con cui commenta gli avvenimenti che fan da cornice ai nostri incontri quotidiani. Anche se tali locuzioni sono comunemente utilizzate per ribadire il disappunto, Saturno le associa paradossalmente alla felicità per le piccole novità che gli riserva la giornata. Con esse enfatizza bonariamente la sagacia dei miei asini che fan di tutto per non obbedirmi, o quella delle capre che mi scappano e vanno a “potare” le vigne provocando le bestemmie dei proprietari (che in tal caso non sono espressioni di gioia). Saluto il Saturno. Lui mi osserva sfilare sotto la pioggia di petali e proseguire sulla strada per Riva. Lì, nella selva di Nicola, le mie capre stazionano in primavera, la stagione dei parti. Non passa molto tempo e anche lui è lì, dall’altra parte della recinzione, che guarda gli animali. «Eh, diulmàzzi». Con un cenno del capo si congratula per la nascita di un nuovo capretto. «La Madùnna». E ne richiama l’attenzione. «Oti… ma sci». Con uno sguardo di rimprovero segnala che le capre strapazzano un sacco di fieno. «… i pütàna». Poi ognuno torna alle sue faccende. Saturno ha in mano una fòrbes da pudà e, pur con difficoltà, taglia rovi e rami nella selva confinante per contribuire alla cura del verde di questi fondi interclusi che miracolosamente non sono ancora stati lottizzati, ma che, pian piano, sono stati cinti d’assedio da nuove prepotenti villette. Siamo in un’oasi nel deserto delle speculazioni che hanno annientato la campagna dei paesi e li hanno trasformati in conurbazioni anonime. Poco a monte della selva, sorge il capitèl de Riva, avvertimento della potenza devastante dell’adiacente e omonimo ruscello. Accanto a quella cappelletta affrescata, eretta come ex voto nel 1927 per scampato pericolo, una villetta recentemente costruita (a suo modo un altro ex voto) ricorda che la modernità va oltre il buonsenso e la memoria. Mi viene il dubbio di essere fuori luogo in questa società: provo più felicità nel vedere un bosco o un prato ben curato, che una casetta all'ultima moda. Anzi, i nuovi parallelepipedi di cemento circondati da “un po’ di verde” mi urtano e mi trasmettono un avvilente senso di miseria e di degrado. Che i bambini vadano in pellegrinaggio dalle mie capre e non nei cantieri edili, dimostra che un'atavica conoscenza della vera bellezza è insita in ogni uomo. «Credo che siamo rimasti solo noi, il Saturno, i bambini e pochissimi altri ad apprezzare le cose semplici», ironizzo con Gioia. Lei sconsolata constata che l’ammazzarsi per aver cura della Valtellina sia come combattere contro i mulini a vento. Ci dormiamo sopra, tanto so che domani ci sveglieremo con nuove energie per tornare in prima linea. Un mattino, di una stagione che non riesco più a collocare nel tempo, quando il ciliegio non aveva né fiori né foglie, stavamo portando un po’ di balle di fieno alle capre. La selva era un fondo intercluso, pertanto per compiere il lavoro si erano resi necessari tanti su e giù con la carriola per lo stretto sentiero. Il Saturno era accanto al capitèl. Ad ogni nostro passaggio commentava l’ingordigia delle cornute e ci metteva di buonumore, anche perché quando c’era Gioia per galanteria era aduso invocare la Vergine e non il Padreterno. Finito col fieno, eravamo andati nei prati di Sant’Antonio a spostare i recinti degli asini. Eravamo così stanchi che non ci eravamo lasciati nemmeno incuriosire dalle sirene spiegate dell’ambulanza che si era fermata non lontano da noi, dalle parti del magazzino del piastrellista. Il Saturno era là poco prima, che ci scrutava da lontano, appoggiato alle palanche, quasi a volerci aiutare con lo sguardo. «Lui deve aver visto cosa è successo», penso tra me e me. «Dev’essere un incidente sulla strada panoramica», avverto Gioia. Ma poi capitolo aggiungendo: «Io sono cotto. Andiamo a casa. Domani ci faremo raccontare.» Il giorno seguente la notizia: «Il Saturno è grave, è in ospedale. Si è fatto male.» Quell’ambulanza era lì per lui. Sporgendosi dalle palanche era volato di sotto. Forse si era sbilanciato nel tentativo di strappare un’edera che cresceva fuori luogo, o per guardare che combinavamo? Così se n'era andato il Saturno. Dall'antica comunità contadina del nostro paese, dal mondo dei miei nonni, aveva ereditato la capacità di gioire delle piccole cose. Solo così si può essere felici anche quando la vita si mette di traverso e gli orizzonti si stringono. Dei valori di quella comunità Saturno era uno degli ultimi rappresentanti. La sua morte mi ha fatto riflettere: un'epoca si sta chiudendo, sostituita da una società omologata e asettica che sento estranea. Quando il vento s’è zittito e l’ultimo petalo s’è posato a terra, sono solo sotto il ciliegio, aggrappato a ricordi consunti, che però sono ancora in grado di farmi sorridere. «A porcu!»
 
Hanno collaborato a questo numero:
Adele Mori, Alessandra Morgillo, Andrea Toffaletti, Antonio Boscacci, Beno, Bruno Mazzoleni, Carlo Barilani, Claudio Papetti, Corrado Lucini, Dicle, Elia Origoni, Eliana e Nemo Canetta, Emanuele Locatelli, Erik Viani, Fabio Pusterla, Fausto De Bernardi, Flavio Casello, Gabriele Fusetti, Gioia Zenoni, Giacomo Meneghello, Giorgio Spini, Giovanni Rovedatti, Giuliano Giacomella, Kim Sommerschield, Lino Bulanti, Lucia Palomba, Luciano Bruseghini, Luisa Angelici, Manrico Chiti, Marco Bettomè, Margherita, Mario Pagni, Marzia Possoni, Matteo Gianatti, Matteo Tarabini, Maurizio Cittarini, Mauro Gavinelli, Olga Gautero, Oreste Forno, Raffaele Occhi, Renzo Benedetti, Roberto Ganassa, Roberto Moiola, Saverio Monti, Silvano Rossotti, Silvio Gaggi e Tino Albani.
 
Si ringraziano inoltre:
Avis Comunale di Sondrio, CAI Valtellinese, ETH-Bibliothek Zürich, Floriano Lenatti, Franco Monteforte, Livio Lenatti, Michele Comi, tutti gli intervistati e quelli che ci hanno accompagnato nelle gite, la Tipografia Bonazzi, gli edicolanti che ci aiutano nel promuovere la rivista, gli sponsor che credono in noi e in questo progetto...e tutti quelli che ho dimenticato di citare.
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