EDITORIALE
di Beno
Per essere schietto dirò che del momento politico attuale non ci capisco un corno. E voi che ci capite?
Forse non più di me. E i ministri stessi? Forse quanto me e voi.
Politica sporca, imbroglio, puntigli e vanità personali, desiderio di potere e tremarella di perderlo, ecco quel che bolle nel calderone di Roma e che si distribuisce a mestolate al beato regno per mezzo dei questurini e dei prefetti.
Una gran parte del popolo onesto sente arrivarsi in faccia qualche pillaccheria di questa brodaglia; si stropiccia come si dice volgarmente il muso per conto proprio col dosso... dello zoccolo, e tira avanti rassegnata.
È tutto quello che desiderano i nostri bravi governanti.
Ma in qualche cantuccio comincia a crepitare il focherello della riscossa. I contadini, gli operai, si uniscono: sono stanchi di tasse, sono uomini non bestie da fatica per mantenere i poltroni: vogliono pane e sussistenza, libertà e istruzione.
È contro costoro che il governo affila le daghe dei poliziotti e magari dei soldati - col pretesto di mantenere l'ordine [...]
Gli interessati han sempre gridato «Guerra, guerra!»
C'è voluta una strage e dopo un'altra, e dopo un'altra più grossa per far mettere giudizio al somaro popolo d'Italia, che s'entusiasmava per vittorie italiane ridicole od inventate, o che lasciava credere d'essere beato e disposto a pagare sempre di borsa e di sangue.
MEMENTO!
Finché avremo un soldato in Africa, il fuoco della guerra non sarà mai spento.
Non lasciatevi lusingare dall'idea di salvare il marcio.
Il marcio si taglia e si getta.
FRA POCO AVREMO LE ELEZIONI (?)
Cari lettori, quelle che avete appena scorso non sono parole mie, tuttavia ho appositamente evitato di virgolettare il brano per generare in voi lo stesso stupore che mi ha pervaso quando dieci minuti fa l'ho letto su un ingiallito foglio di giornale. Ho avuto un déjà-vu, tanto da immaginarmi che si parlasse di attualità. Per un attimo ho creduto che un giornalista fosse evaso dal recinto elettrificato del politicamente corretto. Poi l'occhio mi è scappato verso l'alto: “Il Lavoratore valtellinese. Foglio settimanale; Grosio-Chiavenna, 13 febbraio 1897; Esce al sabato”.
Allora l'entusiasmo acceso dal proclamo del “focherello della riscossa” è crollato. Il mantra “tutto cambia per rimanere uguale a prima” s'è fatto stillicidio innescando in me il desiderio di bucare le nebbie di questa fotografia e tornare in cima al solitario Corno Dosdé, cui è dedicato questo numero della rivista. Un eremo dove, grazie al cielo, si ristabiliscono le distanze tra l'assoluto e le misere faccende della società degli uomini.
Adele Mori, Alessandra Morgillo, Beno, Bruno Mazzoleni,
Carlo Barilani, Carlo Nani, Corrado Lucini, Dicle, Fausto
De Bernardi, Eliana e Nemo Canetta, Fabio Pusterla, Flavio
Casello, Gabriele Fusetti, Giacomo Meneghello, Gioia Zenoni,
Giovanni Rovedatti, Giuliano Giacomella, Jean Malka, Kim
Sommerschield, Luciano Bruseghini, Manrico Chiti, Manuel
Biffi, Marco Bettomè, Margherita e Lucia Palomba, Marino
Amonini, Marzia Possoni, Matteo Gianatti, Matteo Tarabini,
Maurizio Cittarini, Monica Lanfranchi e famiglia, Paola
Gaiazzi, Raffaele Occhi, Renzo Benedetti, Riccardo Scotti,
Roberto Ganassa, Roberto Moiola.
Adriano Greco, Andrea Sem, Avis Comunale di Sondrio,
Bruno Gilardi (archivio Duilio Strambini), CAI Valtellinese
(archivio Alfredo Corti), Fabrizio Bonali, Flavio Tarabini,
Giordano Gusmeroli, ETH-Bibliothek Zürich, Mauro
Premerlani, Mimmo Fiorelli, Pierrick Zyla, Valentino Crameri,
Walter Palfrader, tutti gli intervistati e quelli che ci hanno
accompagnato nelle gite, la Tipografia Bonazzi, gli edicolanti
che ci aiutano nel promuovere la rivista, gli sponsor che
credono in noi e in questo progetto... e tutti quelli che ho
dimenticato di citare.