n.41 - Estate 2017

n. 41 - estate 2017 SPECIALI
10 Silvio Saglio (1896-1964) Cento domeniche quattro settimane
18 Racconti di Antonio Boscacci
La regina della notte
22 Le Montagne Divertenti
Da 10 anni la rivista di Valtellina e Valchiavenna
29 Le Montagne Divertenti
Come nasce un numero della rivista
30 Le Montagne Divertenti
Tutti i numeri

ALPINISMO
46 Valmalenco
Argento - Zupò - Bellavista
58 Approfondimenti
Marco e Floriano Lenatti
60 Orobie
Pizzo del Salto e pizzo dell’Omo
70 Valchiavenna
Monte Saragiolo (m 2305)
80 Approfondimenti
I monti a SE del Saragiolo

ESCURSIONISMO
85 Alta Valtellina
4 cime facili dal passo dello Stelvio
89 Alta Valtellina
Punta Rosa, Scorluzzo e punta del Naso
94 Alta Valtellina
Punta degli Spiriti (m 3467)
97 Valchiavenna/Val Màsino
Sentiero Roma 2a tappa
108 Approfondimenti
Alpi Averta e Arnasca / rifugio Gianetti

RUBRICHE
112 Viaggi
Creta in bianco e blu
120 Natura
Aquila reale / Una nuova vipera sulle Alpi
126 Rubriche
Poesia / Oggetti di una volta
134 Rubriche
Le foto dei lettori / Giochi
146 Le ricette della nonna
Grappa Caré


EDITORIALE 
Con questo editoriale esordiva, 10 anni fa, il primo numero de Le Montagne Divertenti:

La Valtellina lontana dal turismo, lontana dalla frenesia del vivere moderno, lontana dal traffico, lontana dagli scempi edilizi, si sta lentamente allontanando anche dai nostri ricordi.
È stata la nostra culla e la casa dei nostri antenati che, generazione dopo generazione, hanno creato e si sono tramandati la cultura alpina. Le radici erano così profonde da illuderci che l’albero fosse immortale e neppure dinnanzi ai primi segni della malattia sembrò necessario porvi rimedio.
Rimaniamo pochi nostalgici, seduti ai suoi piedi ad osservare le ultime foglie che cadono, mentre ricordiamo quanto un tempo quell’albero fosse bello, verde e rigoglioso. Il ruscello che bagnava la terra è asciutto perchè con le sue acque si è prodotto denaro, col denaro si è costruita una strada per trasportare nuove merci che nessuno aveva mai visto. I forestieri che le possedevano sembravano felici, la ricchezza era facile e poco faticosa. Così, senza porci tante domande, anche noi valtellinesi abbiamo rincorso la modernità dimenticandoci chi eravamo, guardando i nostri avi come masochisti che si spezzavano la schiena per vivere abbracciati a queste montagne, senza mai sfruttarle per effimeri profitti.
Ignoranza o saggezza?
Nessuna somma potrà restituirci ciò che è andato perso. Ogni foglia che cade spunta un nuovo capannone, crolla una vecchia baita, i rovi si mangiano una vigna. Ma, mentre qualcuno vorrebbe estirpare subito il nostro albero, noi tentiamo d’annaffiarlo aspettando che germogli ancora.
Le Montagne Divertenti è una rivista trimestrale che invita a riscoprire la Valtellina alpina, specialmente i luoghi meno battuti. Leggende ed aneddoti, assieme a testimonianze sul passato, sia per quel che riguarda l’alpinismo, sia per quel che riguarda la vita di tutti i giorni. Prenderemo per mano il lettore e lo accompagneremo in un viaggio inusuale fra picchi e prati, ghiacciai e paesi, rocce e fiumi, animali ed erbe. Un numero della rivista per ogni stagione, un racconto per ogni zona della Valtellina e tante, tante foto.
Un piccolo omaggio alla nostra terra.


La Valtellina di un tempo, grazie anche a questa rivista, non sembra più così lontana, anzi è diventata parte di un bagaglio conoscitivo comune a chi ama questa terra, insieme alla consapevolezza di dover porre rimedio agli effetti collaterali del boom economico. Ma al contempo ci attendono nuove sfide: la rincorsa più cieca e inconsapevole alla modernità è per molti versi accelerata nel turbinio di nuove false esigenze, imposizioni e incertezze create da globalizzazione e consumismo, da individualismo e frenesia. Come porvi freno?
In questo la montagna si pone come un’àncora di salvezza. Ogni volta che ne contempliamo i recessi più inospitali, ci ricorda come i nostri antenati riuscissero a vivere in modo più essenziale ma soprattutto più dignitoso, in quanto la dignità sta nel saper rispettare la Natura e i suoi ritmi (che sono anche i nostri), nell’avere il tempo di riflettere e di scegliere, nel costruire per tutti e non solo per se stessi, in quello spirito di comunità che sta scomparendo.
“Ignoranza o saggezza?”. Mi sono posto tante volte questa domanda. La conclusione a cui sono arrivato è che nel soverchiante bombardamento mediatico a cui siamo continuamente esposti non può esserci saggezza senza una buona dose di ignoranza, voluta e consapevole. Saper ignorare preserva il nostro animo dal demone del consumo, che impone - pena l’emarginazione nella società - di cambiare e buttare le cose, siano esse materiali, siano esse i nostri stessi sentimenti e valori. Ad esempio, se provate per qualche tempo a spegnere la televisione e a non utilizzare i social network (oggi i principali strumenti di controllo di massa), vi accorgerete che i vostri oggetti invecchieranno meno velocemente e il tempo rallenterà. E non per merito della ridotta esposizione alle onde elettromagnetiche, ma perché si risveglierà in voi il primordiale disinteresse verso l’inutile e lo spreco. Ve lo dice chi li ha, senza rimpianti, eliminati entrambi.
Infine ho scoperto che quel “qualcuno che vorrebbe estirpare subito il nostro albero”, a cui imputare le colpe della follia del mondo d’oggi, non esiste. “I Tedeschi sono andati via. Come faremo ora a liberarci?” recita la canzone de I Ministri “Tempi bui”. Una considerazione paradossale per ricordare che non c’è più un tiranno da uccidere, un esercito da sconfiggere, un politico corrotto o un imprenditore senza scrupoli da ammanettare per svincolarsi dal giogo della “modernità liquida”: è la gente stessa a mettersi le catene, condividendo poi un selfie in cui sorride dentro una gabbia di convenzioni, fingendo di essere felice e, stupidamente, credendo che mostrare delle maschere sia la condizione necessaria e sufficiente alla felicità stessa.
Per liberarsi basterebbe solo volerlo, dato che le catene sono tutte azionate da interruttori che è nostra facoltà, in qualsiasi momento, spegnere. Purtroppo però, anche se ci si lamenta della sua mancanza, è proprio la libertà ciò che più spaventa.
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